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Trento città in testa per la qualità della vita in Italia

  • Immagine del redattore: Gabriella Felicetti
    Gabriella Felicetti
  • 4 dic 2022
  • Tempo di lettura: 2 min

La 24esima edizione del Rapporto sulla Qualità della Vita in Italia, realizzato da ItaliaOggi con l'Università La Sapienza di Roma in collaborazione con Cattolica Assicurazioni, ha riconosciuto la città di Trento, come miglior città di Italia per la qualità di vita.


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La provincia trentina ha ottenuto il massimo dei voti in quasi tutti gli ambiti indagati dalla ricerca, ben otto su nove.


Crotone, anche quest’anno come l’anno passato, è stata l’ultima classificata.


Lo studio evidenzia un Italia sempre più divisa a metà, si evince infatti una netta spaccatura tra Centro-Nord, da un lato, Sud e Isole dall'altro: nessuna provincia meridionale o insulare è nel gruppo delle 32 città in testa nella classifica.


L’immagine dell’Italia che emerge è quella di un paese che fortunatamente, è ormai uscito dalla pandemia da covid, ma che si presenta sempre più diviso , con un nord che ha saputo dimostrare buone doti di resilienza e un sud dove si manifestano sempre più gravi sacche di disagio personale e sociale.


Altra conferma del crescente allontanamento tra le due parti del Paese è data dal fatto che tra le città che hanno fatto balzi in avanti nella classifica generale, rispetto all’anno scorso, la città più a sud è Pesaro Urbino, che passa dalla 56esima alla 30esima posizione, tutte le altre sono più a Nord.


Aspetto interessante quest’anno è anche la buona tenuta delle città metropolitane, soprattutto quelle del Nord che, a parte Torino scivolata a metà classifica, si piazzano tutte ai primi posti.


Il rapporto 2022 è stato caratterizzato da un ampliamento degli indicatori utilizzati, soprattutto nella sezione lavoro, dove vengono distinti il tasso di occupazione e di disoccupazione maschile e femminile. È stato inoltre inserito un nuovo indicatore, quello dei cosiddetti neet (not in education, employment, or training), cioè delle persone tra i 15 e 29 anni che non studiano e non lavorano, né si stanno formando.


Sulla dimensione della popolazione sono state fatte le maggiori modifiche, in quanto è stato tolto l’indicatore della densità demografica ritenuto poco significativo, perché non può cambiare troppo da un anno con l’altro e cancellato il numero medio dei componenti nucleo familiare.


In compenso si è introdotto l’indice di dipendenza strutturale, l’indice di dipendenza degli anziani e l’indice di vecchiaia. Inserita anche la speranza di vita alla nascita e quella a 65 anni dove il sud è nettamente penalizzato rispetto al nord.


Di fatto un’indagine che era partita nel 1999 con 36 indicatori si è ampliata fino ai 92 attuali.

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